Il volto cinematografico della leggenda

Il primo Re

La leggenda rappresenta il mito, la speranza, quello che ci piace raccontare confidando che sia stato così come lo raccontiamo, oppure come ce lo hanno raccontato e tramandato. Tuttavia, se è leggenda, potrebbe non essere andata così. Perciò può esserci un’altra versione dei fatti, oppure più versioni totalmente dissociate dalla prima, o in parte. Dunque, si possono cambiare le carte in tavola, magari cambiare i fatti senza però cambiarne il senso. Confermandone il significato, la morale ed il suo insegnamento. Cosa importa se Remo muore al di la o al di qua del Tevere. Cosa importa se viene affrontato dal fratello fuori dell’area sacra oppure appena scavalcato il pomerio che circoscriveva la fondazione della città? Il fatto non è marginale, infatti viene raccontato. È marginale il luogo (forse?) e dunque si rafforza il concetto politico, senza cedimenti, dove anche il figlio di Marte, di stirpe regale e divina, prevaricando la regola, profanando ciò che è sacro, viene punito con la morte esemplare.

Insomma, se non ci atteniamo al fatto leggendario e agli esempi che l’archeologia riscopre, confermandone i dogmi e le probabilità mitologiche, il film può essere visto con grande partecipazione e può meritarsi molti elogi. Resta comunque beninteso che la storia – leggenda è un’altra. Il personaggio principale, nella versione che andiamo a recensire, con grande abilità descrittiva è capovolto. Se abbiamo sempre messo al centro della storia Romolo, la sceneggiatura cinematografica, questa volta, accende i riflettori su l’altro gemello, che nella leggenda, a noi nota, occupa un ruolo importante ma storicamente periferico. Il profilo del personaggio qui esprime con forza il suo carattere emotivo, politico e prominente. Così come è evidenziato il dualismo spirituale.

Remo miscredente, lontano dai riti, dalle scaramanzie, che in primis accetta di supportare solo per amore fraterno, rivelerà tutta la sua condizione caratteriale, lo status, la prepotenza che era la regola d’attendere per la sopravvivenza. La lettura del personaggio è verosimile, attraverso la sua carismatica figura si comprendono bene i drammi di una esistenza feroce che ha coinvolto i primi passi dell’essere umano, dedito allo scontro militare, spietato e vittima di quella epocale e brutale condizione.

Romolo sacerdote, è invece il Re per diritto divino. Misurato, alla continua ricerca di alleanza spirituale, conservatore del rito e del rispetto, consapevole della forza imprescindibile della natura e di quel Dio che individua nella rappresentazione del fuoco sacro e inestinguibile. Alito divino dell’onnipresenza da accudire per averne i favori. E la sua presenza è ossessionata dalla fede, per non inimicarsi mai colui che è in grado di decidere le sorti dell’umanità.

Il film coinvolge. Lo fa con grande padronanza tecnica e narrativa. I sottotitoli sono necessari per seguire i dialoghi in protolatino. Tutto si svolge nel colore umido della foresta ai margini della palude, circondati dalle ombre del bosco. I personaggi, intrisi di fango e ferite, rappresentano senza mezze misure il contesto di quel periodo rustico, animale; vestiti di stracci e pelli, si muovono all’interno dello spazio narrativo con ampi dettagli e primi piani.

La tecnica di ripresa e fotografica racconta con grande suggestione la storia rielaborata.

Sia chiaro a tutti, i gemelli figli di Marte non hanno mai dovuto attraversare il fiume per fondare la città, poiché Alba Longa risiede già nel versante sud. La riva Veiente, caso mai, è quella posta oltre il Tiber e la cesta con i pargoli abbandonati, ma non dal fato, proprio dal Tevere sarà trasportata nella palude che in latino si chiamava “Vel”, dove oggi c’è la basilica di San Giorgio al “Velabro”, appunto. All’età di 18 anni, prima di fondare Roma, si affrettano a destituire il fratello del nonno materno “Amulio” e a ridare il trono regale a Numitore, padre di Rea Silvia, discendenti tutti dal prode Enea e di suo figlio Iulo, così come ricorda Virgilio. La tragedia dell’uccisione di Remo avviene sul suolo degli attuali fori imperiali, in prossimità di porta Mugonia, adiacente all’odierno Arco di Tito. Tutto ciò nel film è omesso, anzi liberamente tramutato in altra lettura che non corrisponde alla cronaca storico-leggendaria.

Malgrado ciò il film va visto perché è un lavoro fatto con grande competenza tecnica e molto interessante. I due attori protagonisti hanno tenuto testa ad una sfida impegnativa. Espressivi e sempre convincenti hanno mostrato indubbia qualità interpretativa.

Alcune scene sono violente e possono turbare.