Akrotiri e Pompei

Vittime gemelle del destino

1613 a.C., l'arida terra di un isola nel mare Egeo esplode in numerosi devastanti fiumi e torrenti di lava. Si contorce fluorescente. Piove in lapilli, cenere e fuoco. Terrore. L'isola di Thera è in balia del vulcano. Di se stessa. Perché egli stessa è il vulcano. La bocca del cratere. Il soffio di fuoco.
La cenere e il magma devastano per ore, sommergendo ogni elemento e calandosi nel mare che ribolle schiumando.

La forza spropositata della natura si riversa ovunque, nascondendo alberi e case, e nella sua straziante corsa incontra la preistorica città di Akrotiri.

Totalmente coinvolta dal cataclisma ormai giace, sconfitta, sotto metri di cenere e lava.

Nel 1967, l'archeologo S. Marinatos trova il modo, e i soldi, per mettere gli strumenti all'opera: dissotterrare ciò che è possibile dell'antica città sepolta e comprendere i dettagli della tragedia.

Tornano alla luce affreschi, suppellettili, calchi e storie dell'antica civiltà isolana.

Alcuni studiosi sono inclini ad avvicinare la citta di Akrotiri alla mitica Atlantide. Nessuno può smentirlo. Nessuno può affermarlo con esattezza.

La ignea tragedia avvenne 3500 anni or sono e quasi 2000 la separano dalla gemella sciagura che, nel 79 d. C., distrusse Pompei.

Simili dinamiche avvolsero i due territori, sconvolgendo le vite, disseminando terrore, resettando ogni amministrazione, politica e sociale.
I cittadini della polis ellenica riuscirono però a scampare tutti alla morte. Non si sono ritrovati infatti corpi carbonizzati, coinvolti dalla lava, imbrigliati dalle ceneri o asfissiati.
Alcuni giorni prima, il vulcano egeo, aveva scosso ripetutamente il luogo con sciami sismici premonitori e, a differenza degli abitanti campani, gli ellenici, compresero in anticipo il dramma fuggendo su altre isole. Salvandosi, o forse, pochi perirono in mare.

Tuttavia si può solo ipotizzare, poiché non sono stati ritrovati ne corpi, ne libri, appunti o scritti narrativi.

Alle Scuderie del Quirinale, attualmente è in mostra la comparazione della tragedia. Le due città sono accomunate dallo stesso eterno doloroso ricordo.

La magnificenza di quello che fu, è ben rappresentata dalle esposizioni dei materiali ritrovati, ma anche da successive impressionanti citazioni artistiche contemporanee, che ripercorrono gli attimi feroci vissuti e subiti, dove l'uomo nulla può per contrastare l'inevitabile totale ingerenza della natura.

All'ingresso, dopo la scala principale che porta alle sale, giace un cavallo pompeiano; immortalato dalla copia del calco di gesso originale. Anticipa e avvisa su tutto il racconto espositivo.
Di seguito, nella prima sala, quello che resta di una parete affrescata, riemersa dagli scavi. Presenta la sua anima sublime nella semplice rappresentazione, e sottolinea l'importanza della comunicazione artistica: fotografia del tempo. L'antologia virtuosa dell'espressione mentre accompagna l'uomo dalle sue origini, e che presto, i ritrovamneti disposti in ordine e catalogati per luogo, lo rimarcheranno in tutto il percorso.

In questa prima centrale pittura parietale sono protagoniste tre donne. Raccontate nel quotidiano vivere isolano e contadino. Immerse tra le spighe del raccolto, tra i sacchi appena preparati, con abiti colorati e vesti rituali, seducono lo sguardo. Il tempo non ci ha diviso se possiamo ancora emozionarci.

Nelle sale espositive i ricordi si rincorrono, suggestivi e terribili nella loro cruda memoria. Monili, colori, volti, forme che descrivono l'attimo della impossibile fuga.

Da seguire con calma e attenzione.

Nella mostra si possono ammirare affreschi che raccontano le prime produzioni pittoriche realizzate nel mediterraneo.

Il destino ci ha lasciato i dettagli pronti ad essere osservati e metabolizzati con cura. Akrotiri e Pompei, i latini e gli ellenici, i vulcani, la stessa sorte.

Al Teatro di Largo Argentina (Roma), il 19 ottobre, si è svolta una interessante presentazione della mostra.

L'incontro è stato condotto da C. Augias, dove hanno relazionato i direttori dei due parchi archeologici: Prof Massimo Osanna (Curriculum scaricabile) e il prof. Demetrios Athanasoulis, direttore dell'Eforia delle Antichità delle Cicladi.

Per ascoltare - on line - l'audio della conferenza play il bottone.



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