Il pensiero liquido

Per istinto di sopravvivenza

Poi ognuno pensa, dice e scrive quello che vuole.

Io pure sfrutto questa possibilità.
Ho scritto poi, dando per scontato che la riflessione sia il seguito di un ragionamento e non il prologo basato sulla mala gestione dell’ormone passionale, radicato nel DNA, acquisito da anni di stagnanti convinzioni medievali e ormai obsolete.

La politica è una forma liquida di pensieri che si trasformano in azioni, che seguono logiche complesse ma che non sempre premiano cosa o quello che è giusto, perché chi stabilisce cosa è giusto?

Il Popolo? Il Politico? La Legge? Lo Stato?

Giusto per chi?
Per il falegname, lo scrittore, il bambino, la pianta, i preti, il mafioso?

Poi, cioè dopo, ovvero ora, la forma liquida del pensiero, duttile, plasmabile come la creta, si è già rimodellato e, come tutte le forme naturali che regolano l’universo, è in continua trasformazione, allargando le frontiere del sensibile, se l’unico essere vivente su questa terra dotato di ragionamento, applica la conoscenza per porre in alto la propria esistenza e non il proprio egoismo.

E così il pensiero liquido, nel suo fluttuare, è trasformato in disgregazione delle immobili convinzioni.

Quello che sta accadendo è davanti ai nostri occhi e bisogna avere la capacità e la voglia di vederlo.

È in atto lo smottamento dell’idea fossilizzata, lo scioglimento della politica schierata a destra o a sinistra del problema senza risolverlo, lo svilimento della presa di posizione e del fanatico schieramento di parte a priori.

Su questo bisogna ragionare, poiché questa è la novità che va colta e cavalcata come un’onda spumeggiante che porta ossigeno e acqua alla riva.

Molti eruditi pensatori, e molti meno eruditi, ancora non se ne sono accorti e pur di abbaiare contro il mostro negano, anche a loro stessi, una vita migliore, sfuggendo al semplice concetto che “si sta meglio quando anche chi ti è vicino e/o attorno a te sta meglio”.

Il paese, l’Europa, i soloni, i mediatori di notizie elaborate e costruttori di trappole semantiche non sono pronti ad accettare questa rivoluzione che impiega il pensiero senza usare le pistole.

Non riescono a considerare che insieme all’accettazione dell’altro, del diverso, della molteplicità delle cose, possa esistere il ragionamento che non pone fine a sé stesso, rivolto alla pura irragionevole ragione ma spinge l’uomo a combattere ciò che l’opprime e l’offende.

Nel folto mucchio delle idee e delle ideologie di partito, ancora con prepotenza, esiste chi non riesce a collocarsi in uno status dove non decide più il la fazione del bianco ovvero del nero, non più per forza una delle opposte fazioni sempre (apparentemente) litigiose. E non potendosi immaginare cultore di una alternativa più ampia si priva dell'interesse del collettivo, senza riuscire a concentrare la sua attività intellettuale sui reali problemi da risolvere.

Perché deve essere utopico by-passare imposizioni obsolete di partito?
Essere alto o basso, magro o grasso, coloured or white, uomo, donna, italiano o australiano (si fa per dire), quando si vive sotto lo stesso cielo e si utilizza lo stesso marciapiede e si beve la stessa acqua, che differenza fa?

Perché deve essere utopico creare uno stato sociale dove la priorità è dare a tutti le stesse opportunità di integrazione, di programmazione, di aspirazione.

Perché non creare uno stato che impiega l'attività politica a garanzia delle pari opportunità creando percorsi per raggiungere le aspettative che ognuno di noi si da?

Perchè è utopico ambire ad uno stato che mette il suo popolo nelle condizioni di vivere una esistenza dignitosa?

Perchè non criticare la forma mentis che si generata, devota al marketing dell'effimero, con esaltazione della comunicazione massiva dove il soggetto è culo perfetto, rotondo, sessuale e bocche gonfiate a silicone da emulare o conquistare?
Perchè non ambire ad una cultura sociale, statale, universale che premi il merito.

Cosa è di destra, cosa è di sinistra, cosa è estremista in questo discorso che non possa essere accettato da tutti? A prescindere se ami i cani, i gatti, se sei vegetariano, bisex, omosessuale, etero, sano, malato, sordo o ipovedente, sarà ora di orientare le scelte della politica in moto omnidirezionale per tutti dove tutti sono responsabili.

Questa è la rivoluzione della nostra era, che dovrà esplodere nelle aule, nelle case, nelle coscienze: mettere sul tavolo i problemi e risolverli senza essere schiavi della partitocrazia.

E questo fluido virale, vaporizzato, nebulizzato nell’aria si può e si deve respirare e certamente preoccupa chi invece, per tradizione, per sventurata cultura e soggezione partitica, è abituato ad ignorare.
Tuttavia il mondo ruota inesorabile e tutto scorre come un fiume in piena, modificando il suo letto e deviando il suo corso e invita a considerare la maniera e il modo alternativo per affrontare gli eventi.

Questa è la distanza siderale che si respira entro le maglie dei nostri confini di sicuro: arpionata a ragionamenti logori, che sanno di muffa, obsoleti e speculari alle proposte culturali che la propaganda di stato propone.

Non si può ignorare che la popolazione si divide tra quelli che hanno compreso e quelli che non hanno interesse a comprendere.

Costoro, legati a chissà quale promessa si pongono “antichi più degli antichi” senza però la saggezza dell’esperienza, mutilata dalla protervia.

E sono vecchi più dei vecchi, come portoni mortificati dal tempo, pesanti e umidi di anni piovosi e rancidi di banali perdenti riciclaggi mentali.

Quanti sono, tra i tristi tuttologi gonfi e tronfi di attempati riti e soluzioni umilianti, quelli che rappresentano la cartina tornasole della decadenza intellettuale del nostro paese?
Li puoi incontrare ad ogni piè spinto ovunque.

Remoti pescatori di voti di scambio, mazzette, compromessi, bassezze e ipocriti egoismi.

Tuttavia, interpretare la politica come la risorsa amministrativa, sociale, esistenziale del cittadino è la risposta travolgente e necessaria che li terrorizza.

Imprescindibile patrimonio dell’uomo, di quello eccelso e di quello comune, che fa andare in tilt le sparute teste, dure come il bosone, legate alle chimere pseudo intellettuali, schierate a difesa del capitale apolide, che non colgono l’opportunità della nuova proposta, che non è solo politica ma è evoluzione.

Non riescono ad accettarlo, perché rappresentati da sinapsi incrostate di materia scaduta, sprovvisti di libere finestre, da spalancare verso il benessere comune, verso le strade.

Così, invece di uscire e guardare il cielo, i prati, il mondo, si affacciano sull’atrio interno della loro povera misera autocrate convinzione.

Oggi pensare che nel passato gli uomini più forti e prepotenti siano stati capaci di usare la cattiveria, e il cinico ardire per schiavizzare popoli interi, fa rabbrividire; eppure l’hanno fatto.
La società di allora lo ha accettato, anzi ne ha tratto profitto, fino al colonialismo, di più, fino a ieri, di più, fino ad oggi.

Pensare che i popoli di ogni latitudine abbiano aderito, senza muovere un dito, alla devastazione di milioni e milioni di esseri umani, senza ribellarsi e rivoltare tutto, è raccapricciante; eppure è stato fatto.
In Italia, gran parte degli italiani, hanno accettato le leggi raziali e ancora oggi in molti sono accecati da nostalgiche preoccupanti convinzioni.

Pensare che la mafia sia riuscita con la metodologia stragista ad arrivare fino al centro del potere politico, trattando con i garanti della sovranità popolare, e il popolo, una volta saputo il misfatto non abbia reagito, è avvilente.

I mediatori dell’informazione, quelli preposti alla divulgazione dei fatti oggettivi, sono rimasti silenti e pur conoscendo le cronache hanno coperto e ancora oggi coprono personaggi di spicco coinvolti in quelle trame meschine che avvolgono i misteri di questo paese.

Permettere tutto ciò non è come mettersi alla stregua dei venditori di schiavi, degli scafisti che gettano in mare uomini donne e bambini?

Commettere un reato non è la stressa cosa che vedere commettere un reato, ma consentire a colui che ha commesso un reato di rifarlo è un atto di grave irresponsabilità e di questa irresponsabilità ne ha colpa anche l’elettore superficiale, ignorante, l’ottuso.

Non arrestare il terrorista sapendo che è un terrorista è come stare dalla sua parte ed essere complice delle bombe ai concerti e nelle chiese.

Sulla scena, gli attori siamo noi tutti i giorni, e in questo lembo di terra meraviglioso, nello snodarsi al centro del mediterraneo, subiamo le scorribande malate e ciniche di una mentalità coatta, mafiosa e lo accettiamo paradossalmente e candidamente, perché ci piace liquidare la faccenda raccontandoci la bugia esistenziale che in altre culture si chiama ipocrisia; figlia delle nostra grande e immensa storia, da sempre umiliata dalla ignoranza di un popolo incapace di intendere e di volere perché si illude di averne vantaggio.

Ora per rimanere sui fatti odierni, la politica non ha più ragione di sostenere ideologie superate e deve al più presto svestire gli abiti macchiati di sozzerie di tutti i tipi.

Il cambiamento culturale e ideologico è ostacolato da una macchina mangia tutto, lo capisce anche il più sprovveduto, non lo capisce il sostenitore di certi atavici schieramenti, perché non s’interessa di politica ma solo di slogan e non lo capisce il sostenitore di una ideologia mascherata da altro, ostinandosi a credere che sia nel giusto precipitare nel burrone.

Tuttavia, il processo è in atto. Non sappiamo dire quando, se oggi, domani oppure dopodomani, ma di certo la parola “mai” non è contemplata in questo percorso, e non per galanteria o fanatismo ideologico, perché rimodellare la politica introducendo il cittadino è la naturale conseguenza della evoluzione dell’uomo.

È sopravvivenza, e se vuoi sopravvivere devi cambiare il modo di affrontare i problemi che ti pone la vita.